Che certi libri ci piacciano non significa che capiamo in che modo quei mucchietti di parole ci stuzzicano tanto. Perché potremmo scrivere trattati al riguardo ma in realtà i libri non sono altro che mucchietti piuttosto misteriosi di termini. Ogni libro (che leggo) infatti per me resta un mistero e un tesoro. Insomma, di parole ce ne sono tante eppure più o meno quelle più usate sono le stesse – se non si vuole cadere nel desueto o nel disattento – ma, nonostante ciò, un mucchietto di parole ci piace più di un altro. Come per la musica in cui le note sono sette eppure possono emozionarci o lasciarci del tutto indifferenti.
Forse per questo, le domande per sapere come lavora chi gioca con le parole sono tra quelle che mi sono state fatte più volte. E, come ho detto in altre occasioni, ciascuno ha il suo metodo di lavoro: c’è chi sa in anticipo la fine della storia e da quella prende il via, per andare a ritroso fino alla sua origine. C’è che si avventura dall’inizio alla fine senza un’idea precisa. Chi vuole farsi tutto lo schema e chi al primo sentore di ‘puzza di schema’ fugge terrorizzato. E probabilmente ci sono molti modi intermedi.
Per quel che riguarda me parto da un’idea e regolarmente questa subisce una mutazione mentre ci lavoro su. La storia si racconta da sé perché io parto credendo ingenuamente che sia una semplice storia da tre paroline e mi ritrovo poi con un groviglio in cui non so da dove sono arrivati tutti i dettagli, i dati, le storie personali e così via… È in questo modo, ascoltando la storia e cercando di raccontarla anche quando lei si ostina a sostenere che no, lì le cose non possono essere andate così e obbligandomi a trarre le mie conclusioni, che… mi sommergo di malloppi di pagine.
Anche adesso ci sono fogli ovunque intorno a me.
Piccoli, grandi, strappati come pure perfettamente quadrati o minuscoli come francobolli. Bianchi o colorati, ma quasi sempre senza righe (odio che le righe mi dicano dove devo scrivere, per giove! E ancor più odio i disegni che spuntano tra righe e quadretti come carcerati). Insomma, mentre lavoro finisce che ben presto sono sommersa dei miei ADM: gli appunti del momento. Correzioni da fare sul già scritto che mi vengono in mente all’improvviso, mezze idee, dettagli da sistemare… disegnetti orrendi da modificare…
Alcuni lo chiamano disordine creativo ma non credeteci… è solo disordine!
Navigo a vista nel mio mare di foglietti e anche se il sistema è decisamente caotico per ora ha funzionato abbastanza. Di questo passo però mi servirà un faro per orientarmi… oh, sì, torno al punto: ciò che volevo dire è che nello stare tra tutti questi fogli mi sono resa conto che strane creature si muovono tra le carte.
No. Non sono le cimici camaleonte, affamate divoratrici d’inchiostro magico; credo invece che siano le ben più mitologiche Idre Scriptorie. Se preferite potete chiamarle più pomposamente soluzioni narrative. Non le vedi finché non escono da sotto il mare di carta; sono mostri a sette teste che rispondono solo al ticchettio ininterrotto della tastiera o al suono raschiante della penna sul foglio di carta e che si cibano di appunti (oltre che scriptorie ce ne sono anche di matematiche e ingegneristiche e statistiche e così via, e hanno aspetti molto diversi. In ogni caso però digrumano appunti, per questo perdiamo sempre i foglietti con quelli più importanti!!!).
Ora… servono lunghe e faticose ore per chiamarle. A volte giorni o mesi. Quando ne arriva una, il mare di carta fruscia inquietante e un brivido mi corre lungo la schiena; a volte pesco quella sbagliata e c’è da ricominciare a cercare. Nel frattempo la pila di carte cresce fino quasi a sommergermi e il numero dei mostri aumenta a dismisura; l’oceano di foglietti diventa una montagna e, credo, mi impedirà di vedere presto il video del piccì. Mi servirà un periscopio…
Finirà che per parlarmi la gente dovrà scavalcare chilometri e chilometri di pagine e fogliacci accartocciati. Ma spero, prima di allora e per ogni lavoro, di riuscire a pescare il mostro giusto… la soluzione perfetta. Bè, in realtà mi basta la meno imperfetta. Nell’etimologia del termine: quella da mostrare!
E senza che mi divori… 😉
PS: Se non l’avete ancora scovata e volete vedere un’anteprima minuscola della copertina (firmata Linda Cavallini) dello Stregone dei Venti andate alla pagina ‘i miei libri’ o sul sito del Battello a Vapore… è piccola ma è lei e… vi farete un’idea!!!
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