Dopo la bellissima esperienza di Rimini per Mare di Libri e prima di intervenire a Modena per il (primo) Fantasy Day, sabato 26 (chi ha voglia di capitare da quelle parti è ovviamente il benvenuto!), vorrei perdere un po’ di tempo, mio e vostro, con uno dei racconti ‘d’epoca’ risalenti al periodo universitario.
Niente Ing. Morte, ma vorrei quest’oggi deliziarvi con un altro racconto ‘nero’, rielaborato (ai tempi) dalla sottoscritta con infinita e lancinante presenza di spirito nonché indiscussa… ehm… capacità di favella, sotto suggerimenti e sguardo vigile della sempre misera Aramis (che anche in questo caso, salvò, ahivoi, la pergamena da distruzione certa).
In realtà il nucleo della storia risale ai tempi in cui vagavo per le aule del Liceo e per la prima volta udii il riferimento a Gino, il nostro fantasma di classe, per bocca della mia prof di Storia e Filosofia. Non so se vi sia ancora (il fantasma, non la prof) ma, ai tempi, accadeva che Gino aprisse e chiudesse la porta della nostra aula a piacimento, anche nel bel mezzo della lezione…
Trascorsi alcuni anni, rimuginate a sufficienza le parti romanzate della storia, pensai bene di scriverla ad imperitura memoria… per quei posteri che erano stati sufficientemente fortunati da mancarla la prima volta o che l’avevano dimenticata. A voi, quindi, l’aulico nonché tragico (ma che dico tragico, tragicissimo) testo.
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La Scuola col Brivido ovvero Una storia di tragiche innocenti incomprensioni
Nacque Gino parecchi anni or sono, in una vecchia macchina in sosta vicino ad un cantiere edilizio, quello della nuova scuola che doveva sorgere dove ben sapete. Ed ivi, in un alloggio tarlato lì di fronte, crebbe per lunghi anni giocando coi mattoni e con la calce (vista la tipica breve durata dei lavori di edilizia); quando poi fu cresciuto, venne finalmente assunto proprio al cantiere come manovale (perché ovviamente la scuola non era ancora stata finita).
E la sua vita scorreva tranquilla e serena quando un giorno vide il principale discutere con la sua gradevole signora. Gino la vide e ne rimase folgorato; ella era alta e formosa, biondi capelli ricci incorniciavano l’eburneo volto. Ei ne rimase sì colpito che per intervenire in sua difesa nella discussione che facevasi vieppiù animata et impetuosa, si fece avanti, dimenticando d’aver in mano il martello.
Vedendolo brandire l’improvvida arma, il padrone, alto circa un metro e una mela, grasso e lucido come un pezzo di lardo, arretrò spaventato e la dolce signora si voltò di scatto onde vedere che accadesse mai da spaventare il suo consorte(ella era infatti l’unica autorizzata a spaventarlo).
E fu allora, in un istante, che la vita di Gino cambiò per sempre!
Fu allora, infatti, nell’arretrar d’un passo, che ella incespicò e fu sul punto di cadere dagli alti trampoli in cui aveva costretto i graziosi piedini; sbilanciata all’indietro e ancor furibonda col consorte che non voleva regalarle l’anellino da 121 carati che aveva veduto in una vetrina del centro, senza ella desiderarlo affatto, colpì il povero Gino con la sua leggiadra borsetta (che conteneva: cipria, rossetto, mascara, crema antirughe con protezione solare, ombretto, specchietto, spazzola, ombrello,pinzette per le sopracciglia e un set per manicure di 34 pezzi, un fazzolettino ricamato con le proprie delicate iniziali, circa 300 mila lire in monete, nonché la sveglia d’ottone della cugina Elisabetta che aveva appena fatto riparare, un pacco di pasta e un litro d’olio, il tutto per un peso specifico di 6q/m3, perché com’è risaputo le leggiadre donzelle in vena di acquisti hanno braccia insospettabilmente muscolose).
Fu così dunque che il povero salvifico eroe accorso in salvataggio della fanciulla urlante fu colpito in piena faccia e, fratturatosi il cranio e istantaneamente morto, cadde riverso nella vasca di cemento a presa rapida.
—Ups…— disse la graziosa e leggiadra signora.
Ciò che in seguito accadde non verrà qui riferito ma potrete indovinarlo. Sappiate comunque, gentili lettori, che da quel giorno Gino risiede proprio lì, in uno dei basamenti della scuola e si occupa, essendo un tipo che non porta rancore e che desidera altresì rendersi utile, anche in forma fantasmatica, si occupa, dicevo, dell’apertura e chiusura automatica di porte e finestre per le belle fanciulle.
Si direbbe che non abbia imparato molto.
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Ehm… e con questo la storia vagamente noir e ben poco ‘diplomatica’ di come un fantasma divenne tale, finisce.
Alla prossima!
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