Ho ricevuto quest’oggi una missiva che intendo mostrarvi nella sua interezza. Stuzzicata sull’argomento ‘di cosa sono fatte le storie?’ e volendolo affrontare con piglio non letterario né poetico, ho fatto qualche domanda a proposito dello spazio multidimensionale in cui abiterebbero (si suppone, appunto, pressate) le storie e un vecchio amico, il professor X (non vuole assolutamente che faccia il suo nome, capirete… nella comunità scientifica lo prenderebbero per pazzo) ha gentilmente risposto alle mie domande sulla possibile esistenza di quello spazio con una lettera. Ecco cosa dice:
“In effetti la tua ipotesi sembra adeguarsi stranamente a certe mie ultime scoperte. O ‘non scoperte’, si potrebbe dire. Credo di aver identificato da poco un nuovo elemento: è così instabile che la mia si potrebbe chiamare intuizione più che scoperta, perché al momento risulta, ahimè, quasi impossibile da provare. Chiamiamolo quindi un elemento ancora teorico. Il fatto è che se davvero esistesse creerebbe non pochi problemi alla scienza moderna; per sua stessa natura infatti esso dovrebbe essere inesistente nel nostro universo… una cosa, per intenderci, simile al ‘plutonio 186’ di cui Asimov ha parlato nel suo ‘Neanche gli Dei’; l’elemento inesistente che in quel frangente, per quella che lui stesso definisce ignoranza scientifica causò la nascita del libro. Dovrebbe essere insomma, un elemento non solo inesistente ma impossibile… di cui si potrebbe parlare solo in una invenzione letteraria fantascientifica(argomento per te, insomma e non per me). Capirai dunque le mie perplessità.
In tal senso da una prima analisi di certi dati in mio possesso e lasciandosi andare a supposizioni puramente speculative, si potrebbe ipotizzare che tale elemento filtri attraverso le pareti del nostro universo da uno spazio sconosciuto, sfruttando minuscole fessure dimensionali o micro singolarità. La mia supposizione è che decadendo rapidissimamente mentre viaggia, esso muti natura emettendo radiazioni ignote che provocano singolari alterazioni delle onde cerebrali in chi si trova esposto a tale fenomeno. La mancanza di strumenti appositamente progettati, rende la captazione dell’elemento e del suo decadimento pressoché impossibile con i mezzi tecnici attuali, ma potrebbe spiegare alcune alterazioni finora ritenute puramente casuali nella radiazione cosmica.
La mia analisi si basa in effetti su alcune discrepanze rilevate da determinati dispositivi di misura di altri fenomeni e che sono al momento attribuite alla tolleranza strumentale.
Non racconterò a nessuno di questa scoperta. Non ancora. Nessuno mi prenderebbe sul serio. E nessuno pubblicherebbe un articolo simile sulle riviste scientifiche. La rivelo a te perché, curiosamente, proprio in questi giorni hai supposto l’esistenza di uno spazio fisico in cui esista altro… mi domando: se le tue ‘storie’ fossero forme di vita senziente che si sviluppano, invece che sulla base del carbonio o di qualche altro elemento a noi noto, sulla base dell’historium 137(così ho chiamato il nuovo elemento, in onore e onere al problema da te sollevato)?
La fisica di quello spazio ipotetico mi è del tutto sconosciuta, ma sarà fonte di future approfondite ricerche. Cercherò di approntare una strumentazione adatta a misurare la presenza di questo elemento(ancora, come dicevo, teorico) e di comprendere in che modo la radiazione emessa dal suo rapidissimo decadimento(se di radiazione si può parlare), possa influenzare la trasmissione tra le sinapsi del cervello. Forse scoprirò qualcosa d’interessante.
Ti terrò aggiornata. Saluti, Professor X”
Inutile dire che aspetterò con ansia altre notizie del professore.
😀 😀 😀
“[…]mi sedetti alla scrivania e mi misi a scrivere, e successe qualcosa che di solito non mi succede… La storia mi prese la mano e andò avanti per conto suo. All’inizio non avevo idea che avrei scritto un romanzo, ma è quello che ne è risultato. Pertanto, per avermi inconsapevolmente fornito l’ispirazione per un romanzo che io non sapevo (all’origine) di dover scrivere, dedico questo libro: al mio buon amico Robert Silverberg[…]”, I. Asimov, da Una dedica un po’ lunga, in Neanche gli Dei, Oscar Mondadori.
Rispondi