Avrei potuto dire del ‘Realismo nel Narrato’ in generale, ma il titolo avrebbe avuto meno contrasto e non solo per via dei termini chiamati in causa. E quindi ecco qui. Insomma, da un po’ non vi esponevo qualche noiosa considerazione a proposito del fantastico e così ora mi appresto a rimediare…
…e con una filippica su una strana cosa su cui forse nessuno di voi ha mai riflettuto. Ma forse sì. Potremmo parlare di Jekyll e Hyde e sarebbe lo stesso. Fantastico per ciascuno di voi non è forse che una parola che si trova a distanza abissale da Realistico. Sbaglio? Se poi anche vi venisse qualche dubbio in proposito, e correste a guardare su un dizionario, scoprireste che avete ragione. Tuttavia al tempo stesso non ne avete… e proprio per niente! Perché, anche se è così dal punto di vista linguistico, non lo è del tutto dal punto di vista pratico.
Se si prova a raccontare una storia fantastica, infatti, questi due termini devono convivere nello stesso corpo, come Jekyll e Hyde, appunto. Né più né meno. E per corroborare questa tesi vi ricorderò semplicemente quello che dice un vecchio adagio:
“una menzogna verrà creduta più facilmente se è circondata di verità”.
Ne consegue che, se si vuole rendere credibile l’accensione del forno con uno schiocco di dita, abbiamo due possibilità: la fantastica o la fantascientifica ma ciascuna delle due deve essere posta in termini concreti o non verrà creduta dal lettore. In pratica, più una storia parla ad un pubblico vasto, più la vicinanza di questi Jekyll e Hyde dovrà essere stretta e la mutazione tra le due personalità dovrà apparire naturale di momento in momento. Quasi inavvertibile.
Perché la storia fantastica, nel suo modo del tutto personale, deve essere realistica.
Una ferita dovrà far male, sanguinare. Un muro crollerà, per lo più, secondo le leggi della fisica, che ci piaccia o no. Nostra o del mondo su cui ci siamo catapultati (dove magari gli abitanti vivono in un’atmosfera al cianuro) ma senza dubbio realistica per i suoi protagonisti, che si muovono in quella realtà diversa o in un mondo lontano dal nostro e che appartiene loro sin dal primo rigo; sorprendentemente realistica per coloro che sono catapultati in una realtà parallela e che scoprono passo dopo passo e, infine, realistica anche per i lettori, che vivono qui e non in quell’altrove. E per i quali quell’altrove può non essere affatto naturale. Cosa che va sempre tenuta in conto… per evitare di apparire superficiali o disattenti.
Sì, perché proprio i lettori, che hanno un palato molto più raffinato di quel che credono a volte, mal sopporteranno – giustamente – salti logici del tutto illogici e che spesso molti pensano consentiti perché si parla di fantastico. Solo nelle fiabe a volte i salti logici del tutto illogici sono ben tollerati e accettati, ma poi… si cresce, lo si fa passando dal famoso periodo dei ‘perché’ e non possiamo fingere di scordare che da allora non smettiamo più di chiederci e chiedere!
Quindi, per continuare il nostro discorso, occorre essere ben consci che costruire una storia di questo genere sarà tanto più difficile quanto più la storia è ampia e compresa in una sorta di globo disancorato da quella ‘realtà’ che ciascuno di noi vive ogni giorno. Ovvero da ciò che è comprensibile con facilità e immediatezza.
Potrei dirvi ciò che dice Asimov nell’introduzione a Storie di Giovani Maghi (edito da Mondadori), una raccolta di racconti scritti da molti autori:
“Supponete di entrare in una stanza, premere un bottone e accendere la luce. E allora? Chiunque può premere un bottone. Supponete invece di possedere una misteriosa sferetta di vetro, non più grande di una pallina da ping-pong, e supponete di tirarla fuori di tasca e bisbigliarci sopra la formula magica ‘fiat lux’: ed ecco la sferetta che comincia a brillare finché non illumina la stanza”.
Ebbene il punto ‘chiunque può premere un bottone’, che ci fa apparire naturale la cosa e persino noiosa, è quello che ci permette realisticamente di non descriverla. Se il protagonista prende il tram non occorre approfondire. Tutti sanno cos’è… prendere il tram è facile e alla portata di tutti o quasi. Ma la sferetta è un altro paio di maniche…
Bè, in realtà sarebbe un altro paio di maniche anche se, tornati a casa dopo qualche genere di avvenimento più o meno catastrofico, scoprissimo che premendo il famoso pulsante non siamo in grado proprio di accendere un bel nulla e che non possiamo chiamare alcun elettricista. Questo significherebbe che la cosa che credevamo tanto semplice in realtà era solo considerata tale ma non era affatto una conoscenza così comune da consentirci di costruire un generatore di corrente, collegarlo al nostro impianto di casa e organizzarci anche in casi di estrema emergenza da soli e senza una documentazione più che accurata e strumenti opportuni… probabilmente ci limiteremmo a correre a cercare una candela. Il che fa molto ‘medioevo’ e non tanto il mondo futuristico in cui ci piace pensare di essere.
Ma torniamo alla sferetta, che sono certa vi attrae di più.
La sferetta è unica e magari solo uno nella nostra storia sa come usarla (pensate per esempio alla Eilonwy de ‘Il libro dei tre’ di Lloyd Alexander, Salani). Questa persona magari tiene ben al sicuro il suo segreto e la sua conoscenza, e questo gli darà un vantaggio che per gli altri sarà ‘magia’ inesplicabile e sorprendente. Ma solo per gli altri. Quindi il punto di vista sarà importante. Realisticamente, se raccontate dal punto di vista di Frodo, Merry o Pipino vi sembrerà straordinario che Gandalf riesca a far luce col suo bastone, ma per Gandalf stesso sarà naturale e spiegabilissimo. In effetti il fatto di saper usare la magia non lo rende comunque invincibile in ogni cosa, come ben sappiamo… Un altro esempio perfetto di credibile mescolanza nel fantastico, anche se in tutt’altro modo, ce lo fornisce Robin Hobb con la sua ‘magia’ e il suo mondo dei Sei Ducati. O persino Terry Pratchett, che però usa un modo molto particolare e sottile per farcela percepire, quella sua impossibile possibilità…
Analogamente, nella fantascienza dovremo guardare avanti in modo creativo usando ciò che già ci appare naturale, e dandolo per scontato – possiamo non spiegare come funziona un campo di forza e molte altre cose che ci sono state introdotte dalla fantascienza che abbiamo imparato a conoscere finora, per esempio, e possiamo usarle come gradini su cui arrampicarci persino se non esistono al momento in quella forma – ma poi possiamo e dobbiamo argomentare su soggetti diversi, sempre considerando il punto di vista e il quadro storico che andiamo a descrivere, aggiungendo semi e piccole fanta-spiegazioni che rendano vivo, usuale e credibile il nostro incredibile.
Insomma, per rendere plausibile qualcosa di fantastico (e di fantascientifico) occorre analizzare per prima cosa il punto di vista da cui guardiamo la storia e decidiamo di raccontarla. La magia ci apparirà segreta, insondabile e magari anche spaventosa solo se la vediamo da lontano… dovrà avere limiti e confini se la guardiamo da vicino. Se poi la guardiamo col microscopio dovrà essere ben dettagliata e perfettamente descritta, anche se, ovvio, questo non significa che dobbiamo inventarci per forza una sorta di manualistica.
Analogamente, nella fantascienza, certe specializzazioni particolari apparterranno solo ad alcuni personaggi e non tutte le conoscenze apparterranno a tutti solo perché siamo nel futuro. Questi personaggi saranno arrivati ad avere quelle conoscenze per doti personali, esperienze, e con anni di studio (come per la magia, guarda caso) ma questo fornirà appigli interessanti per variazioni e spiegazioni tra le più varie.
E, quel che è più sorprendente, in entrambi i casi tutto l’incredibile o impossibile diventerà credibile e accettabile (se non proprio possibile) solo se lo mescoleremo a dati reali. Fatti che siamo in grado di comprendere anche adesso. Il più semplice fatto condivisibile con narrazioni di qualsiasi genere è la psicologia del personaggio e la sua intelligenza unica. Attraverso cui nel corso del libro il protagonista stesso e gli eventi cambieranno partendo da un punto A per arrivare ad un punto B attraverso errori, azione, inazione ecc ecc. Infatti non dovremmo mai dimenticare che quello che in un romanzo fantastico e fantascientifico ci cattura è sì “l’apparentemente inspiegabile” ma soprattutto il fatto che è l’intelligenza dei protagonisti nell’usare magia e/o tecnologia a fare la differenza e salvarli. Il modo in cui usano le proprie capacità.
In realtà non sono necessarie grandi argomentazioni in un libro fantastico perché qualcosa di solo vagamente bizzarro, se mescolato con garbo e sapienza a fatti ‘normali’ e letto in chiave fantasiosa, possa assumere un peso particolare. Se però lo mescoleremo a troppi fatti troppo strani va da sé che il tutto diverrà un minestrone che i lettori bolleranno subito come insulso e incredibile.
E dunque ecco la cosa ‘comica’ ma importantissima su cui riflettere: spesso un racconto fantastico deve essere per molti aspetti molto più credibile di un racconto non fantastico. Più è credibile più risalterà l’aspetto ‘estraneo’, più ci stupirà, senza distinzione d’età e senza sconfinare nel noiosamente incredibile che diventa banale…
Lo stesso vale per un giallo o anche per un romanzo storico, dove la credibilità è ancora più necessaria e nei quali darà risalto in modo ancora più facilmente comprensibile all’intreccio e all’abilità dei protagonisti, qualunque essa sia. Se non mi credete pensate anche soltanto al tema analizzato moltissime volte dai più disparati giallisti del ‘delitto dietro la porta chiusa’. Non c’è forse l’elemento incredibile su cui indagare?
In definitiva, quindi, lo strano caso di Jekyll e Hyde, dell’incredibile e del credibile, dovrà essere risolto in ogni libro. Perché sono due facce della stessa medaglia, due volti dello stesso lavoro. Una sorta di Giano bifronte. Solo mettendoli insieme e facendo coesistere questo contrasto apparentemente impossibile con naturalezza, convivendo con il fatto che la storia spesso dovrà apparire persino più realistica della realtà (perché lo sapete bene, la realtà supera spesso la fantasia), il racconto funzionerà q.b..
Esatto. Quanto basta. Non necessariamente moltissimo. E non necessariamente alla perfezione. Ma q.b.. Anche se questo, naturalmente, non è che il mio parere.
😀
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