Molte delle persone che leggono le mie storie (anche tra voi, sì) mi hanno fatto presente poi di avervi riconosciuto questa o quella teoria scientifica, o questo e quel posto e per un attimo io sono rimasta lì, imbambolata, senza sapere che dire. Insomma, ho sempre saputo che leggendo si ritrovano cose o s’immaginano collegamenti con luoghi o persino con discipline più o meno scientifiche, ma… senza togliere nulla alla splendida avventura del leggere una storia trovandoci ciascuno cose meravigliose, spesso non c’è cosa più lontana da me!
Quindi, ehm… spero che non ve ne prenderete a male, ma non pensavo affatto all’elettromagnetismo quando scrivevo delle correnti magiche, né vedevo la mia città nella città vecchia di Cornelia… però lì un pizzico di teoria dei colori c’è e altre piccole ‘ispirazioni’ sono nascoste qui e là in ognuno dei miei lavori. In genere però sono cose che la gente neppure nota! Non che sia importante saperlo, dato che nel mio caso non si parla di libri storici e non rischio di ledere in alcun modo la realtà documentata (ma quando riuscirò a scrivere un libro ‘storico’ ben documentato mi sentirò al settimo cielo). Ma ho finito per notare che ciò che i lettori vedono in un libro spesso non è affatto quello che l’autore ci vede.
Naturale, ovvio forse, ma anche curioso, no?
Ora, uno che parte a scrivere un libro (ma io non sono mai partita per scriverne uno, nemmeno all’inizio, volevo solo raccontare una storiellina che poi è lievitata a dismisura) usa le parole per descrivere un mondo particolare. E volente o nolente lo fa attraverso se stesso. Per esprimersi passa obbligatoriamente per la propria esperienza, la propria immaginazione nuda e cruda, e la propria sensibilità; si trova davanti centomila vicoli ciechi e se riesce a superarli in modo creativo ne esce qualcosa di leggibile. Per questo forse la traduzioni di testi da altre lingue come pure l’editing, ovvero la correzione di un libro prima della stampa, sono sempre operazioni complesse… perché devono, o dovrebbero, mantenere lo spirito con cui è stato scritto, e, nel caso della correzione persino togliendo i difetti e migliorando i pregi. Bè, lo so, non sempre l’operazione riesce ma il tentativo dovrebbe essere quello.
‘Perché?’, chiederete voi. Perché le parole scelte da chi racconta una storia e la maniera di intrecciarle sono due punti focali, e se si altera quello allora il libro perderà la sua verve (sempre che ne abbia mai avuta!). Facendo un’analogia pittorica, il pittore che decide di dipingere un bel quadro astratto deve saper dipingere con il metodo e lo stile classico… poi, se lo desidera, può fare anche una tela solo con un colore! Per chi scrive le pennellate sono le parole. Più ne conosce (e conosce la propria lingua e le sue infinite sfumature), più l’autore è bravo, più potrà decidere di intrecciarle in modo proprio, persino ‘curioso’. E potrà fare esperimenti, come faceva Leonardo con i colori, magari sperando che reggano meglio di quelli del Cenacolo… Perché il modo in cui le parole e i colori vengono scelti è il modo in cui l’autore decide di ‘dipingere’ il suo libro o il suo quadro. Riguarda la sua aspirazione a raccontare la storia in modo che rispecchi certe cose… compresa la sua piccola o grande (meschina o meravigliosa) ispirazione!
Limitarsi a seguire la nuda regola è giusto ma, a volte, in un testo di pura narrativa (soprattutto fantastica ma non solo), è molto limitativo. E non devo essere l’unica a pensarla così perché da tempo immemorabile esistono le cosiddette figure retoriche. Qualche esempio pratico e ruspante?
La luce gocciava dalla finestra aperta…
Il pensiero gli cadde su…
La voce rimbalzò da un capo all’altro della stanza…
Un’idea lo colpì improvvisamente…
E queste sono solo le più banali e comuni. Insomma, tutti sanno che la luce non goccia, che il pensiero non è materiale e non può rigorosamente cadere e che la voce, sebbene sia un’onda e rimbalzi effettivamente, non viene quasi mai descritta come una pallina da ping-pong (nemmeno gli sguardi si scoccano, visto che l’occhio non è un arco). Quanto alle idee che colpiscono all’improvviso… sebbene io possa dire che accade effettivamente –bang!- non vengono quasi mai viste come meteore che piombano a velocità incrementale sulle zucche della gente, perché in tal caso dovrebbero produrre crateri rilevabili…
Detto questo, per me è bello, nel leggere un libro, trovare locuzioni simili e a volte anche un po’ più ardite e insolite. Passaggi che possono sembrare poco logici se guardiamo al dettaglio ‘matematico’, che qualcuno considera inesatti o persino bambineschi, e tuttavia che sono… irrazionalmente perfetti! Ci aiutano con naturalezza a vedere le cose in prospettive diverse, a cui non siamo abituati… e mi piace che ce ne siano nei miei lavori. Si può dire che è un’aspirazione della mia ispirazione.
Dopo tutto parliamo una lingua viva, in continua mutazione e in continua crescita, no? Sta a noi concimarla perché cresca bene e ancor più vitale, potarla perchè cresca ancor più bella e rigogliosa ma non selvaggiamente, fino a rinsecchire la pianta! Per usare quella che la favolosa nonnina Weatherwax di Pratchett chiamerebbe mettarfora… se tagliamo l’erba tutta alla stessa altezza cammineremo con agio ma ci perderemo anche un sacco di bei fiori!
Con questo passo… e chiudo! Alla prossima!
😀 😀 😀
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