Questo articoletto vorrei dedicarlo a qualcosa che rende il fantastico tale ma che tendiamo a trascurare. Quando parliamo di fantasy spesso pensiamo a qualcosa di vagamente definito che contiene cappa e spada, magia, perfidi complotti nell’ombra per la distruzione di ogni bontà, magari conquiste di terre e potere, un po’ di soprannaturale ed eroicità… il tutto frullato insieme, con diverse quantità e diversi pizzichi. C’è a chi piace il fantasy dolce (magari con una bella storia d’amore che la fa da padrona), a chi quello salato (dove è l’avventura a farla da padrona); a chi piace ben cotto (senza sangue, per carità!) a chi poco cotto (e ben al sangue, come una bistecca) e così via.
Ma a mio parere una parte rilevante e non trascurabile in tutto questo deve appartenere a qualcosa che non viene mai tirato in ballo apertamente. L’ignoto. E la paura che vi è legata. Entrambe sono spezie che fanno la differenza. Il fantasy in qualche modo è l’esplorazione di qualcosa di sconosciuto (un mondo, un popolo, un nemico, una dote particolare, persino una galassia lontana lontana…) con tutto ciò che questo porta con sé. Dopo tutto:
“La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è la paura dell’ignoto”, H. P. Lovecraft da Supernatural Horror in Literature.
Se ci pensiamo l’attraversamento delle misteriose montagne, delle paludi, delle terre selvagge e sconosciute che si aprono repentinamente dinnanzi all’eroe, magari uscito dal suo piccolo villaggetto sperduto per la prima volta per il suo ‘viaggio formativo’, è solo la rappresentazione della meraviglia e dello spavento di tutti noi di fronte all’immensità del mondo e dell’universo. E a ciò che esso nasconde. O lo spavento di fronte alla consapevolezza di cosa le nostre mani possano fare e la nostra coscienza sopportare.
Questione di contrasti.
Dopo tutto un fantasy potrebbe anche svolgersi nel solo corso dell’esplorazione di una vecchia soffitta. O di una mente. Il viaggio materiale può essere brevissimo, quello descritto nella nostra storia invece sarà comunque importante e lunghissimo. Bè, non fraintendetemi. Un fantasy non è un horror né lo diventerà, ma ha una importante percentuale di ignoto, curiosità… e paura.
Mi viene in mente per primo l’esempio della comparsa degli ancora misteriosi (a quel punto del libro) cavalieri che danno la caccia a Frodo e la paura terrificante che le righe scritte da Tolkien riuscivano a evocare mentre leggevo (e leggo ancora) della Fuga al Guado… o la paura di Hansel e Gretel in mezzo al bosco. Quella di Fitz della Hobb di fronte ai forgiati. O magari la sensazione da brividi di Cappuccetto Rosso mentre attraversa il bosco, quando si rende conto che forse raccogliere fiori non è stata un’idea brillante… la dilatata sensazione di alcuni racconti ‘fantastici’ di Buzzati che sfocia in una pressante necessità di attesa o in un destino strano e incomprensibile, come nel racconto dell’Uccisione del Drago; quella urgente di Bilbo dinnanzi a Smaug, o magari di quando i troll cercano di decidere come mangiare lui e i nani. Quella fisica di Beowulf, sconfitta dalla capacità d’azione… quella di Vimes che teme di non riuscire ad arrivare in tempo per salvare i suoi uomini (viva le valenti Guardie Cittadine!!!) o quella di Torak che resta solo dopo aver perso pa’ o quando affronta il suo destino; come quella di mille e mille altri che ciascuno di voi potrebbe citare.
Per ciò che mi riguarda i confini del fantastico sono molto sfumati. Ci sono molte definizioni che distinguono i fantasy per tipologia e dettagli, ma confesso che mi ci perdo un po’. Probabilmente questo significa solo che sto diventando obsoleta… ma per me è solo fantasy. Più o meno classico.
Uno dei punti fondamentali però, sempre per me, è e rimane l’ignoto che i protagonisti si trovano ad affrontare, che lo abbiano cercato o sfuggito; e, inieme all’ignoto, la paura che ne deriva e ciò che nonostante la paura (o forse proprio per la paura) si trovano a scegliere di fare.
Immagino sia per questo stesso senso dell’ignoto che riesco ad amare anche la fantascienza; perché l’avventura, l’indagine e la ricerca è accesa dallo stesso senso di nuovo e inesplorato che trovo nel fantasy e, in tutt’altro modo, anche nel libro giallo o d’avventura. Dallo stesso umanissimo tentativo di comprendere. E dalla stessa ancor più umana… paura.
Alla prossima.
Rispondi