Alcuni ragazzi di una scuola mi hanno chiesto, tempo fa, com’è scrivere una storia e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: “…in realtà è una cosa piuttosto strana”. Già, vi sembrerà sciocco ma… non era per niente facile rispondere! Per un attimo, anzi, sono rimasta imbambolata e mi sono persino irritata con me stessa; ogni persona che si dedichi alla scrittura potrebbe darvi una risposta diversa, per giunta!
Poi mi sono balzate alla mente alcune parole che un’autrice che mi piace moltissimo ha detto una volta parlando dei propri libri. Ed eccole qui:
“Ognuno [ogni libro] ha rappresentato per me una gioia. Per esempio Vita Stregata mi è venuto in mente all’improvviso, tutto intero e quasi non riuscivo a scriverlo per la fretta. È stato sorprendente. Con Hexwood è stato davvero difficile, scriverlo era un merito di per sé. In Archer’s Goon non avevo idea di quello che sarebbe successo e non vedevo l’ora di scoprirlo. A Tale of Time City era così eccitante che lo scrivevo seduta sul bordo della poltrona. E Fire and Hemlock somigliava a qualcosa che stavo leggendo e non riuscivo a metter via.”, Diana Wynne Jones, Intervista riportata al termine di Le vite perdute di Christopher Chant, Salani.
Ecco, le sue parole rendono perfettamente ciò che è scrivere un libro per me. Se li mettiamo insieme vedremo che, per descrivere il suo lavoro, lei usa termini come sorprendente, difficile, eccitante e potremmo aggiungere ‘misterioso’, ‘avvincente’ e ‘divertente’.
Insomma, ogni libro la emoziona in modo diverso dal precedente e non può che essere così. Ogni storia infatti è diversa non solo per trama, personaggi e ambientazione ma anche e soprattutto nel modo in cui ti passa per le dita. Quindi non mi sbagliavo. Scrivere un libro è, nella sua artigianalità, una cosa piuttosto bizzarra, un’avventura di per sé.
In effetti puoi anche non considerarlo un lavoro ma lo è; è un lavoro che ti occupa a tempo pieno, anche quando non vorresti . Anche quando hai altro da fare, cose più importanti, magari. O che ti obbliga a rimuginare anche quando hai sonno. Perché finisce che hai sempre la testa occupata, un po’ tra le nuvole, dicono alcuni, ma ben piantata nella storia, dico io. A volte non riesci a staccartene neppure quando ti lavi i denti, sei in fila alle poste o vai a fare la spesa.
La storia continua a srotolarsi come un gomitolo e la tua immaginazione viaggia seguendo quel filo. Può accadere che tu riesca ad acchiappare subito il gomitolo, spesso devi districare il filo che si è aggrovigliato, ma le vicende, quelle in particolare su cui hai messo gli occhi, hanno una sorta di pretesa di essere raccontate, continuano a ronzarti in testa senza tregua e non ti lasciano in pace finché non le hai scritte.
Così a volte finisce che corri dietro a quel filo col fiato grosso, altre volte gli cammini a fianco, godendoti il panorama, altre ancora per seguirlo sei costretto a fare complesse scalate. In quei casi ci sono punti del sentiero in cui per evitare di cadere nel vuoto devi tornare indietro e trovare un altro passaggio.
Ma alla fine, per quanto faticoso sia, per quanto lungo il tragitto si debba combattere, alla fine ogni libro è una gioia; a modo suo.
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